Parrocchia San Luigi Gonzaga - Ragusa
In memoria dello zio Sac. Salvatore Licitra - Parrocchia San Luigi Gonzaga - Ragusa

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Un tempo, quando le vocazioni sacerdotali fiorivano numerose, non era raro che si sentissero chiamati al sacerdozio parecchi adolescenti che vivevano in un medesimo quartiere, su una stessa via, addirittura, in abitazioni prive di sfarzo e caste come templi. Nell’attuale Corso Italia, nel breve tratto fra Via M. Leggio e Via Garibaldi, all’incirca nel medesimo tempo, nacquero Padre Biazzo, Monsignor Nobile, Padre Iurato…

Al numero civico 203 dell’allora Via Vittorio Emanuele, ora Corso Italia, due fratelli, Giuseppe, il maggiore fra i due, e Salvatore Licitra, scelsero di servire Cristo. Dalla famiglia entrambi ereditarono purezza di costumi ed operosa alacrità. Le sorelle Concetta, Giovanna e Giuseppina, votandosi al servizio dei due fratelli sacerdoti, contribuirono a tenere alto il concetto della sacralità del sacerdozio. La morte prematura del maggiore dei due, Sac. Giuseppe Licitra, insigne Uomo, Sacerdote, Apostolo, Educatore, fu un colpo durissimo per la famiglia, per la città, per la congregazione dei Luigini, da lui istituita. Volle morire nella solitudine della campagna di Trebastoni dove, alla vigilia della morte, ricevette l’Estrema Unzione dall’amico suo carissimo, il Sac. Don Mattia Nobile, e il giorno successivo (9 luglio 1919) la S. Comunione dalle mani del fratello Salvatore che celebrava la messa nella stanza attigua. In grande numero, devoti e miscredenti lo accompagnarono, commossi, in città: un “trionfo” come si legge nella lettera indirizzata al fratello Sac. Salvatore da S.E. Mons. Bignami.

La famiglia Licitra amorevolmente custodisce e tramanda i discorsi di elogio funebre riuniti in un opuscolo di pregevole profilo grafico, opera dello storico “Stabilimento Grafico Vincenzo Criscione, Ragusa Inf. 1919”.

Di questo Sacerdote, don Papè, che diceva di essersi fatto sacerdote per lavorare e che, infatti, seppe moltiplicarsi moltissimo, il fratello Salvatore, pur continuandone l’opera, impresse per altro al suo ministero sacerdotale singolare specificità, poiché fuse in modo esemplarmente complementare due ruoli: quello di Sacerdote e quello di Docente di Lettere Classiche.

Il suo cammino, partendo da S. Antonio di Padova, approdò a S. Giovanni Bosco. Argomento della sua tesi di laurea furono i Sermoni di S. Antonio, il Santo di cui il fratello aveva introdotto il culto a Ragusa. Per mezzo della pia tradizione del “Pane di S. Antonio” l’infaticabile Sac. Giuseppe nei primi anni del 1900 aveva sfamato tante famiglie bisognose.

Ma fu S. Giovanni Bosco il Santo che Salvatore Licitra, Sacerdote e Professore, prese come modello, perché S. Giovanni Bosco aveva condotto una vita attiva e santa, e perché aveva “inventato” un sistema educativo di straordinaria validità. Non era affatto casuale, perciò, vedere Padre Salvatore Licitra attorniato da giovani studenti: del resto, dei giovani ebbe sempre la freschezza, la fantasia, l’arguta ironia. Una volta, ad esempio, incontrò in treno, nel suo stesso scompartimento, tre giovani francesi, appartenenti alla massoneria in cui, specie in quegli anni, era spiccatissimo il carattere anticlericale. Ritenendosi essi garantiti dal loro idioma straniero, riempirono di oltraggiosi insulti quel corvo nero, sgradito compagno di viaggio.

All’improvviso, inaspettatamente, quel “corvo nero” cominciò a cantare la Marsigliese in quella lingua francese, che conosceva e parlava benissimo; i tre, senza battere ciglio, si affrettarono a cambiare carrozza!

Le Autorità che si avvicendavano in città e le famiglie ragusane di antica nobiltà gli affidavano i loro figli perché da lui apprendessero il Latino e il Greco. Ancora oggi, qualche “vegliardo” ricorda la coniugazione dei famigerati verbi greci scandita dall’implacabile cronometro “ro Parrinu” o le disquisizioni sul famigerato congiuntivo nella lingua latina, ma ricordano anche la “sintassi della vita” che Padre Licitra insegnava loro, cioè la retta disposizione delle azioni che compongono il codice morale. Per quel Sacerdote con il quale, dopo la fatica dello studio, si giocavano appassionanti partite a bocce, gli allievi ebbero sempre profondo rispetto, come testimoniano le devote espressioni di saluto sulle cartoline che, ingiallite e bellissime, si trovano numerose, fra i suoi numerosissimi libri. È evidente conferma che, quei giovani ragusani, “forestieri” a Roma e altrove, non dimenticarono mai “u parrinu”.

Voleva che si avesse orrore del peccato. Ne descriveva gli effetti con immagini apocalittiche, non dissimili da quelle che si possono osservare nei quadretti raffiguranti le Anime del Purgatorio, presenti nelle case di una volta.

Ascoltando le sue omelie si aveva l’impressione che le fiamme dell’Inferno si agitassero sotto gli occhi di tutti i fedeli… I vestiti corti, le maniche al di sopra del gomito, e il ballo, specialmente il ballo, si trasformavano in altrettante occasioni di peccato, e al peccato si accompagnava il Diavolo, che per entrambi i fratelli Licitra non era affatto una metafora.

Altri tempi, certo, ma fu, quell’orrore del peccato, un contributo volto ad evitare che il “comune senso del pudore” scendesse al di sotto dei livelli di guardia. I giovani puri e santi come San Luigi Gonzaga e San Domenico Savio erano abitualmente additati come modelli da imitare.

La misericordia aveva il volto di Maria Ausiliatrice. Egli cantava in onore della Madonna, accompagnandosi al pianoforte, che suonava benissimo, insieme all’Armonium, presente nella sua casa, in città e in campagna. Anche “Don Papè” prima di lui, aveva amato la musica, suonato l’Armonium e anche musicato qualche inno in onore della Madonna.

Per la Vergine Maria lo zio Salvatore aveva una devozione tenera e filiale: le pareti di casa, le pagine dei libri, il frontespizio di volumi monumentali erano pieni di scritte “Viva Maria” “Viva Gesù”. Pregava sempre, se lo si andava a trovare mentre recitava il Breviario, bisognava pazientemente attendere, prima di salutarlo, che la sua preghiera terminasse.

Camminava sempre a piedi; alto e ritto, agile nell’andatura, gli piacevano le passeggiate all’aria aperta ed intanto così pregava “Gesù, Maria, salvate anime”.

Anche le case a più piani della Ragusa del centro storico, dai gradini numerosi fino al cielo, avevano un equivalente in giaculatorie. “Questa casa ha novantaquattro giaculatorie”: era la casa dei nipoti Maria (Licitra) e Giuseppe Busacca in Via S. Vito.

Nella Chiesa del Collegio di Maria, la Domenica, alle 11,30 celebrava la S. Messa che invariabilmente, concludeva con l’esortazione ai fedeli alla lettura della Vita dei Santi, e alla generosità di cuore nelle offerte, perché “chi dà uno, riceverà cento”.

Quanto riceverà da Nostro Signore Padre Licitra, che con i suoi generosi donativi ha dato vita a più di un centro di culto, perché fioriscano le vocazioni, perché il conforto di un sacerdote ci accompagni, nelle Parrocchie, nei luoghi religiosi o laici in cui si lavori “per la vigna del Signore”. E così “strenuo” riteneva il Ministero Sacerdotale, da auspicare per i Sacerdoti, giunti al termine della “buona battaglia” una “Casa di riposo per Sacerdoti”. Si direbbe che il sogno di Padre Salvatore Licitra, dare una casa al Signore, abbia simbolicamente preso l’avvio quando toccò a lui aggiungere l’unico elemento mancante alla Chiesa in costruzione: il tetto.

Era la Chiesetta di S. Luigi, sorta per volere del fratello Sac. Giuseppe che, acquistato il suolo a sue spese, ne aveva appena iniziato la costruzione, quando la morte lo colse, il 9 luglio 1919. Alle spese di quel tetto, in memoria di Don Papè Licitra e di tutta la sua opera, contribuirono non solo i fratelli Concetta, Giovanna, Salvatore, Rosario, Giorgio, Giuseppina, ma anche le spontanee offerte dei fedeli che, impegnati in campagna nei lavori agricoli estivi, le sorelle Licitra si recavano ad incontrare. La “chiesetta di campagna” di un tempo, è divenuta oggi attiva parrocchia in un quartiere in espansione. Per la chiesa di S. Luigi, Padre Salvatore Licitra ebbe sempre particolare predilezione. In estate non venne mai meno ai villeggianti la sua presenza con la celebrazione della S. Messa, il Rosario, la Benedizione all’imbrunire.

Lontano da ogni cupidigia di danaro, nulla trattenne per sé.

Sorga un tempio a Maria Ausiliatrice a Ragusa, in Corso Italia” auspicò con forza in occasione del 50° anniversario del suo sacerdozio; e all’acquisto dell’area edificabile finalizzò i proventi dell’insegnamento della lingua francese in Seminario, affinché l’ambito progetto si realizzasse.

Fece anche dono della sua casa di campagna, fresca oasi agreste che amava definire “il fondicello di Beddio” privilegiando la devozione a Don Bosco, il Santo dei giovani.

In via Ettore Fieramosca, infine, all’interno di un ampio spazio, che testimonia ancora una volta la magnanime generosità di un Sacerdote-Educatore fioriscono numerose attività, di notevole spessore culturale, sia religioso, sia laico; esse ruotano attorno alla Chiesa Parrocchiale del Preziosissimo Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo e al Centro Pastorale Giovanni Paolo II; alla sede dell’Azione Cattolica; alla fondazione “Sac. Salvatore Licitra”.

L’operosa vita del Can. Padre Salvatore Licitra si concluse il 7-12-1960.

 

Salvina Busacca Ottaviano, pronipote,

figlia di Maria Licitra e Giuseppe Busacca